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A trattenere a morsi la tua idea

Posted By: Barvaz
A trattenere a morsi la tua idea

A trattenere a morsi la tua idea by Nuccia Di Giuseppe
Italian | 2009 | ISBN: n/a | 167 pages | PDF | 0.4 MB


SECONDA STAMPA. ============= Qui da noi le cose sono immutabili. Il salmastro resta ad incrostare i cornicioni delle chiese e si fissa sulle campane che continuano a suonare la domenica. La notte si libra nell'aria mentre passi risuonano nella piazza deserta. Le antiche palme trattengono ancora per un po' il respiro e allora comprendi che la vita di questo luogo è nel mare e impari che nulla è dovuto se non con il sudore e la fatica. Il cornicione della chiesa madre lo sa, lo ha compreso nei secoli mentre fissava il pescatori che si allontanavano perdendo i contorni in un mare voracemente sgombro. E il satiro resta a danzare dopo aver girato il mondo e aver vissuto in mare. Qui da noi il rosso della sera trattiene il sole prima della sua scomparsa. E sembra voler dire amore a chi non crede che amore sia. Poi resta nella memoria della notte, quasi imbarazzato chè la notte preferisce i toni scuri e ci vuole tempo per arrendersi alla fine. A vedere questo lento svanire ti giocheresti persino le mutande che domani sia un giorno bello. Qui da noi il tempo si è fermato. Si resta immobili, in attesa. Le donne dei mariti lontani in mare, gli uomini del ritorno a casa perché le itache son tante e non trovano poeti che cantino i loro umori. la vita ha il suono di una litanìa, cantata in una chiesa nell'ora che volge al termine. Qui da noi ora le finestre si chiudono. Si teme il mondo che una volta ci era fratello. Di tanto in tanto l'odore di melenzane fritte sfugge il pudore delle persiane e si fa corpo nell'aria salmastra, mentre ognuno segue il suo al riparo di occhi estranei ad impastare le proprie abitudini. Dall'altro lato della strada profumi speziati escono in bella vista dalle finestre aperte, mentre incomprensibili canzoni del deserto fendono l'aria e riempiono vuoti lasciati dalle grida gioiose dei nostri figli. Qui da noi il pesce rotola sul tavolo, l'uva si accatasta nei filari a settembre, le messi ridono anche se tu sei triste e giugno sembra far festa al di là del tuo compleanno. I vecchi trovano riparo sull'argine del fiume e guardano il rientro delle barche. Io sono di qui. Mi fermo ad ascoltare e mi rivolgono la parola come se avessimo un discorso iniziato da tempo. Sorrido e dico: unnè chiu tempu. Sono rimasti legati nei ricordi degli anni che furono, in quelli che immaginarono, e ogni volta i loro racconti cambiano, si arricchiscono, come se non ne avessero veramente memoria ma li inventassero di volta in volta. A me non importa la vericidità delle loro storie. Starei ore a sentirmele raccontare per poi scriverle e dar loro vita. Ci sono storie che vivono su uomini. Uno in particolare. Viveva in strada e non diceva nulla. Storie incredibili si raccontavano su di lui, cambiavano con i nostri anni sino a diventare la nostra storia o quella che mai vivemmo. Quando morì tutto il paese lo volle salutare,e i bambini cantarono in chiesa e vidi lacrime sul volto di chi non aveva mai pianto. Dell'uomo che non aveva un nome ricordo il sorriso muto. Qui da noi ci sono gesti e segni che valgono una storia. Il fiocco azzurro sulla porta di Giuseppe, la cravatta nera indossata da lu zi Pippinu per il figlio morto da trent'anni,il silenzio sulle cose importanti di un'antica filosofia propria del mio paese: un' vitti, un' sentu , un' parlu, gli sguardi delle comari che si affilano su ciò che è nuovo sempre pronti a sguainare anche la lingua, gli sguardi fieri di giovano uomini, perchè qui da noi c'è una ricchezza non quantificabile. Ci sono giovani che sono giovani dentro, che amano questo luogo e non pensano a fuggire. ma amano tornare. Io sono di qui.